L’ultima indagine
di Luca Albanese
Ottobre 1965
La piccola crepa di qualche giorno prima, si era allargata a dismisura lungo il versante della montagna che dava sull’invaso della diga. Alcuni alberi si erano piegati a tal punto da far toccare i rami a terra. Quando Elvis, il forestale, chiamato così per la capigliatura, arrivò, mise subito la mano sulla ricetrasmittente, ma un movimento del terreno gliela fece cadere per terra, dall’altra parte del lago due macchine con gli abbaglianti accesi stavano sfrecciando lungo la strada e a lui parve strano, in quanto interdetta per il pericolo di smottamenti. All’improvviso un tuono frastornante scosse l’aria e l’intero versante est della montagna franò dentro al lago artificiale portando con sé qualsiasi cosa si trovasse lì, compreso Elvis. L’onda che si creò in pochissimi secondi stava correndo giù per la gola mentre gli ignari cittadini di Salis stavano andando a dormire.
Due giorni prima
Ore 6
La goccia tentennante rimase in bilico per qualche minuto sul gomito, l’aria fredda della mattina sembrava volesse congelare ogni istante di quell’angolo di paradiso chiamato Salis. Era un tipico paesino di montagna a guardia di una vallata che si apriva dopo la lunga corsa dentro una gola millenaria. La goccia si lasciò andare nel vuoto e quando giunse sul gradino della chiesa schizzò come quelle che l’avevano preceduta e stavano formando un rigagnolo rosso che oramai aveva macchiato quattro scalini. Un cane si avvicinò e cominciò a leccare il sangue, non curante del macabro spettacolo che aveva davanti. Un tuono proveniente dal monte Tarara lo fece scappare, in quel momento, Katia, tremante entrò nella cabina telefonica a pochi passi dalla chiesa e chiamò il 112.
- Venite! È successa una disgrazia! Credo sia morto! – disse con voce isterica
- Si calmi signora, ci dica dove si trova e cosa vede.
- C’è un uomo inchiodato alla porta della chiesa di Salis.
- Scusi? Inchiodato?
- Sì, è stato crocifisso – continuò singhiozzando
- Scusi, non sento bene. Ha detto che c’è un uomo crocifisso alla porta della chiesa?
- Sì! Fate presto!
- Avverto subito la volante più vicina, mi dia le sue generalità
Katia non rispose, agganciò la cornetta, salì in macchina, mise in moto e si diresse verso il centro del paese, si fermò nella piazza principale, dove i due bar stavano accendendo le luci per i primi avventori, spense il motore e scoppiò a piangere.
Il commissario Filippo Dupont, appena trasferitosi da Torino, arrivò sul posto quando già era stato messo in sicurezza. La strada che costeggiava la chiesa era stata chiusa. Malgrado facesse freddo, indossava una camicia a quadri di flanella, sopra a una maglietta color senape. Aveva un fisico asciutto, alto circa un metro e ottanta, il volto lungo e scarno, la barba incolta e delle enormi occhiaie testimoni del fatto che non dormiva bene. Si guardò intorno, come a cercare qualcosa che fosse sfuggito ai primi poliziotti arrivati sul posto. A un centinaio di metri un distributore illuminava la strada, attraversò e si diresse verso un uomo che sembrava si fosse appena svegliato e guardava in direzione della chiesa.
- Scusi, cosa ci fa qua? – chiese il commissario mostrando il tesserino.
- Veramente sono il benzinaio e stavo per aprire le pompe, perché avete chiuso la strada?
- Per ora le domande le faccio io. Ha dormito nel distributore?
- Si, lo faccio spesso, non abito a Salis e a volte mi fermo a dormire qui per non fare avanti e indietro, sa, la benzina costa cara.
- Già – rispose Dupont fissando l’uomo che pensava di essere simpatico.
- Stanotte ha sentito qualche rumore strano?
- No, niente di strano, a parte qualche macchina, ma rientra nella normalità, a due chilometri da qui c’è la statale che porta “alla civiltà”.
Il commissario non sorrise, si guardò ancora intorno.
- Quindi oggi la strada rimarrà chiusa tutto il giorno?
- Mi dica, questa strada va solo verso la statale?
- No, c’è un bivio a due chilometri, da una parte prende la statale e dall’altra c’è la strada per la diga, ma è chiusa.
- Perché è chiusa?
- Scusi, ma lei arriva da fuori?
- Perché me lo chiede?
- Altrimenti saprebbe che la strada è chiusa perché dicono ci sia pericolo di frane.
- Cos’è quella cosa sopra al palo? Chiese il commissario indicando una strana scatola legata ad un palo della luce
- Una mia invenzione – disse l’uomo compiaciuto- sono già venuti a rubare tre volte in un mese, sempre di notte. Ho messo una videocamera per vedere chi si ferma qui davanti.
- Ma ha le registrazioni?
- Si, di due giorni, le devo cancellare oggi, altrimenti non posso accenderla stanotte.
- Non le cancelli – disse Dupont dirigendosi verso la chiesa. - Non vada via, manderò qualcuno per visionare le registrazioni.
Il benzinaio guardò la telecamera che puntava verso la strada, guardò il commissario che oramai aveva attraversato, si mise una mano sulla testa e continuò a guardare verso la chiesa, cercando di capire cosa fosse successo.
ECCE HOMO era la scritta rossa che appariva sopra alla testa della vittima che stava ancora inchiodata alla porta, il capo era accasciato verso sinistra, le braccia larghe inchiodate all’altezza dei polsi e i piedi incrociati e inchiodati insieme a circa trenta centimetri da terra. L’uomo era nudo, coperto solo da un paio di pantaloncini bianchi macchiati di sangue.
Il sangue oramai con consistenza cremosa colava lungo le braccia e le gambe lentamente. Il coroner stava effettuando gli ultimi accertamenti, quando il commissario si avvicinò silenziosamente accendendosi la sigaretta che si era appena fatto.
- A che ora è stato ucciso?
- Dalla consistenza del sangue direi che è stato crocifisso intorno alle 3.
- Era già morto?
- Non credo, ma saprò dirglielo con sicurezza dopo l’autopsia.
- Va bene, fate rimuovere il cadavere.
Dupont mise nuovamente la sigaretta nel taschino, si guardò ancora intorno per vedere se ci fossero altre telecamere, passeggiò dalla chiesa fino alle prime case del paese, per vedere se ci fossero abitazioni, quindi possibili testimoni, ma c’erano solo i pini del bosco che arrivavano fino alle porte del paese.
Dopo qualche minuto, il commissario fu raggiunto da un poliziotto.
- Commissario, mi hanno detto di affiancarla, Fava Ciro a sua disposizione! - disse l’uomo facendo il saluto militare
L’uomo lo squadrò dalla testa ai piedi non facendo trapelare alcunché dal suo volto.
- Ha da accendere? – chiese Dupont portandosi alla bocca un'altra sigaretta.
- No, non fumo, mi dispiace. – rispose imbarazzato l’uomo
- Perché si deve dispiacere? Se non fuma buon per lei e poi diamoci del tu che a me tutta questa pomposità dei “lei” mi sta un po’ sulle palle.
- Va bene commissario come vuole…come vuoi. – sorrise impacciato
- Chi ha scoperto il cadavere?
- Una donna che ha chiamato il 112, la stiamo cercando.
Dupont rimise la sigaretta nel taschino della camicia.
- Va bene, dovresti andare dal distributore vicino alla chiesa e farti dare le registrazioni della telecamera di questa notte. Poi prendi la mia macchina, le chiavi sono sul cruscotto e vienimi a prendere a quel bar – indicò il bar che stava a un centinaio di metri, lungo la via che portava alla piazza.
- Va bene, ci vediamo li tra poco.
Il commissario s’incamminò, entrò nella via e sentì un canto gregoriano provenire dal cielo, si guardò attorno, la gente continuava a camminare come se la cosa fosse normale. Entrò nel locale, all’interno c’era un anziano che leggeva il giornale ancora fresco di stampa e il barista che stava sfornando nuovi cornetti per i ritardatari della colazione.
- Buongiorno, come posso esserle utile?
- Mi dia un caffè d’orzo e un cornetto, ce l’ha senza zucchero?
L’uomo dietro al bancone divenne rosso, spalancò gli occhi e scosse la testa come chi non avesse effettivamente capito la domanda.
- Fa nulla, mi dia un cornetto semplice.
Si spostò sulla porta, dal vetro si vedeva il primo via vai delle persone che stavano andando al lavoro.
- Mi sa dire che cosa era quel canto che ho sentito venendo qua?
- Canto? Ah! Forse ha sentito le prove del coro.
- E le fanno di mattina?
- No, no, le fanno anche di pomeriggio e di sera, sono molto devoti.
- E ricchi – sussurrò il commissario
- Come?
- Niente, niente. A che ora ha chiuso la notte passata?
- Intorno alle 23. Ma perché tutte queste domande?
Dupont tirò fuori il tesserino.
- Ah! Bene, io sono in regola, vuole vedere le licenze?
- Non sono qui per lei.
- Posso chiedere come mai è in paese?
- Diciamo che stanotte è successo qualcosa, ma per ora non posso parlarne.
All’improvviso un uomo trafelato entrò nel bar.
- Hanno ucciso il Charlie
Il barista abbassò lo sguardo e scosse la testa e guardò il commissario, che alzò gli occhi al cielo, imprecando silenziosamente contro chi aveva fatto circolare la notizia.
Ore 9
La stanza bianca puzzava di disinfettante, quando il commissario entrò il medico era di spalle che stava sistemando i suoi attrezzi: bisturi di varia grandezza, una sega e un divaricatore. Lungo un tavolo di metallo era disteso il corpo della vittima, completamente nudo, la pelle aveva perso il suo rossore naturale, era stato lavato e aveva ancora i capelli bagnati. Dupont si mise una sigaretta in bocca.
- Mica vorrà fumare qua dentro? – chiese il medico, che indossava una mascherina sulla bocca, dei guanti.
- Beh! A lui di certo non darà fastidio. – commentò facendo un cenno con la testa verso il cadavere
Il dottore lo guardò in malo modo e lui rimise la sigaretta nel taschino della camicia.
Il bisturi si infilò all’altezza della gola, come se fosse un panetto di burro, dopodiché il medico prese una sega e cominciò a segare le ossa dello sterno, quello era un rumore che infastidiva molto il commissario, che infatti uscì per fumare. Appena fuori fu raggiunto da Ciro.
- Commissario deve venire subito in centrale. La donna che ha scoperto il cadavere ci aspetta lì. - l’uomo mise la sigaretta nuovamente al suo posto, rientrò dentro per avvertite il medico della sua assenza, ma l’anatomopatologo gli fece un cenno e lui si avvicinò
Lo sterno era stato segato completamente e il medico si stava apprestando ad inserire un divaricatore, aprendo la cassa toracica per poter tirare fuori i polmoni, il cuore e l’esofago, mentre.
- Ho mandato dei campioni in laboratorio, sembra che sia stato drogato.
- Che tipo di droga?
- Non lo so con esattezza, probabilmente dei semplici sonniferi.
- A cosa è dovuta la morte?
- Dissanguamento, l’assassino non era solo. Lo ha inchiodato dai polsi, gli ha reciso le vene.
- Chissà perché poi proprio dai polsi, poteva inchiodarlo per le mani, come Gesù Cristo? – disse il commissario incuriosito
- Questo è un errore storico che ci siamo portati dietro per centinaia di anni.
- Che errore?
- Quello di pensare che Gesù Cristo fosse stato crocefisso per le mani-
- Si spieghi.
- Semplice, quando un corpo viene crocefisso è un peso morto, scusi il gioco di parole, quindi se i chiodi fossero attaccati alle mani, il peso del corpo farebbe sì che queste ferite si allargassero fino a strapparsi; invece, se i chiodi vengono inseriti nella zona dello scafoide – il medico indicò la ferita sul polso destro – questi reggeranno il peso e faranno morire la persona per soffocamento.
- Perché per soffocamento?
- Perché così avveniva la morte, i condannati, indeboliti dal dissanguamento cedevano con le gambe e il peso portava la cassa toracica a restringersi finché non avveniva la morte per asfissia.
- Ma ci voleva tempo?
- Si a volte anche dei giorni, in questi casi i carnefici per alleviare la sofferenza spezzavano le gambe alla persona crocifissa e in poco tempo questa moriva per asfissia o collasso cardiocircolatorio.
- Come mai la nostra vittima è morta subito?
- Come le ho detto, ha perso molto sangue e il fatto che era addormentato ha fatto sì che il suo corpo rilassato lo portasse all’asfissia.
- Che morte del cazzo! – commentò il commissario
Una ragazza con il camice da infermiera entrò nella stanza dopo aver bussato.
- Commissario la vogliono al telefono.
- Arrivo subito. Grazie dottore per la lezione di storia, penso sarà utile alle indagini.
Il dottore fece un cenno con la testa in segno di saluto e riprese a pesare gli organi interni del ragazzo.
- Pronto?
- Commissario dovrebbe subito venire sul luogo del delitto
- Che è successo?
- Venga al più presto.
Quando Dupont arrivò alla chiesetta, Fava lo stava aspettando davanti al portone che era stato aperto.
- Trovato qualche indizio?
- Molto di più, abbiamo una persona scomparsa e un latitante.
Il commissario si fermò e guardò il poliziotto al suo fianco.
- Ma che cazzo stai dicendo?
- È scomparso il prete e il sacrestano si è rinchiuso nel campanile, la porta è blindata e non c’è verso di farlo aprire.
- Spiegami una cosa, il latitante sarebbe il prete?
- No, il sacrestano.
Il commissario alzò gli occhi al cielo e allungò il passo lungo la navata lasciando più indietro il poliziotto. Si avvicinò alla porta della sacrestia che portava al campanile, provò a bussare ma le rispose solo il rombo della montagna.
- Fava, hai le chiavi di questa porta?
- No, ce l’ha la signora Lucrezia, abbiamo mandato due colleghi a prenderla
Dupont bussò alla porta.
- Mi apra, devo farle alcune domande.
Nessuno rispose e lui continuò a bussare.
- Inutile commissario, il sacrestano è sordomuto.
- Accidenti a te, quando me lo volevi dire?
- Eh, non so, pensavo rispondesse.
Sospirò, poi inspirò lentamente per non aggredire verbalmente quello che in teoria era lì per aiutarlo. Nel frattempo, entrarono in chiesa due poliziotti con una donna in lacrime.
- Commissario, sembra che sia stata lei a telefonare al 112.
- Davvero? Signora, a che ora è arrivata qua.
La donna si sedette sulla panca in prima fila.
- Intorno alle sei, solitamente arrivo anche prima, ma oggi ho dovuto fare delle faccende di casa e ho perso tempo. - Il commissario rimase in silenzio ad ascoltare. - Sono scesa dalla macchina, ho visto un cane che scappava ma non ho fatto subito caso alla porta della chiesa, poi con la torcia ho illuminato quell’uomo, mio dio…- scoppiò nuovamente in lacrime.
- Non si preoccupi signora, con calma continui a raccontare, anche il più piccolo particolare ci potrebbe essere utile. Ha riconosciuto il cane?
- No, non credo, qua ci sono molti cani randagi, poteva anche essere un lupo, era ancora buio e non ho fatto in tempo a capire.
- Ha lei la chiave del campanile?
- Sì – la donna guardò nella borsa, tirò fuori un portamonete, uno specchietto, un rossetto una scatola di Roipnol, un pacchetto di mentine e un piccolo breviario – mi spiace, forse l’ho dimenticata a casa.
- Signora, l’abbiamo mandata a prendere per aprirci la porta. – disse spazientito Dupont
- Mi scusi, ero convinta di averle dietro.
- Fava, chiama un fabbro che apra questa porta al più presto
Il commissario uscì dalla chiesa lasciando Katia a pregare davanti alla statua di Sant’Antonio, salì in macchina e andò verso il paese.
Ore 15
L’acqua del lago era fredda anche d’estate, quindi Elvis, che stava facendo i soliti controlli di routine sulla montagna, fu sorpreso nel vedere qualcuno fare il bagno in quel periodo dell’anno. Cercò di avvicinarsi furtivamente, non sarebbe stata la prima volta che nascosto dietro gli alberi spiava le coppiette o le donne che ad agosto andavano a fare qualche tuffo per rinfrescarsi. Aveva anche comprato una polaroid per immortalare certi momenti per poi esporli sul muro della sua stanza da letto, dilettandosi nei suoi momenti più intimi. Arrivato sulla riva vide però che non era nessuna donnina in bikini ad approfittare delle frescure autunnali, ma un corpo inanimato. Per lo stupore fece qualche passo indietro e cadde a terra, prese la ricetrasmittente e chiamò subito la centrale della protezione civile.
- Elvis a centrale, Elvis a centrale! Richiedo soccorso, c’è un corpo che galleggia nel lago.
- Sei sicuro? Non è che è un tronco e tu dopo un paio di Sambuche lo vedi a forma di uomo?
- Accidenti a te! Vuoi chiamare i soccorsi?
Poco dopo l’ambulanza, arrivò sul versante opposto del lago, perché dove era Elvis, non c’era nessuna strada percorribile da un’auto, tantomeno da un’ambulanza. I due barellieri presero il piccolo motoscafo sul molo usato solitamente dagli addetti ai lavori e raggiunsero il corpo che ancora vestito stava galleggiando.
- Accidenti, è Don Pino! – esclamò uno dei due.
Lo trascinarono a riva e cercarono di rianimarlo, ma durò giusto un minuto il tentativo, il corpo era gonfio, morto già da diverse ore. Fu chiamata la polizia. Il commissario Dupont arrivò con la macchina alla spiaggia da cui i due barellieri avevano preso il motoscafo, stavano tornando con il cadavere, mentre Elvis aveva deciso di rimanere sull’altro versante per continuare il suo lavoro. Un rombo scosse ancora l’aria, tutti guardarono la montagna, poi tornarono alle loro faccende.
- Dovete portarlo dall’anatomopatologo, dobbiamo fargli l’autopsia – disse Dupont parlando con i ragazzi dell’ambulanza.
- Mi scusi – disse uno di loro – conoscevo Don Pino da quando sono bambino, è obbligatoria l’autopsia? Noi della congregazione non siamo molto d’accordo con queste pratiche.
- Voi della congregazione? – chiese incuriosito il commissario
- Certo, la Congregazione degli Umili, umilmente al servizio di Dio, ci priviamo di ogni bene materiale e viviamo come lui ci ha insegnato.
- Guardi, facciamo una cosa, voi portate il cadavere alla centrale e aspettatemi li, dobbiamo farci una chiacchierata.
- Volentieri, saremmo lieti di potervi aiutare.
Alil commissario Dupont stavano sulle palle i tipi gentili, trovava nella gentilezza un non so che d’ipocrita. Forse è per questo che non aveva amici e l’unica donna che lo aveva sopportato era fuggita due anni prima, ormai esausta di sbattere contro il suo muro di gomma, poi la storia delle privazioni per servire il Signore gli sembrava una cazzata talmente grossa che aveva voluto soprassedere, cosa che non giurava di rifare in centrale.
Erano circa le diciotto, quando i due si presentarono alla stazione di polizia, ad accoglierli un piantone che li fece accomodare nell’ufficio delil commissario. La stanza era vuota, c’era solo una scrivania e uno schedario che teneva centinaia di indagini, irrisolte. Dopo pochi minuti, entrò Dupont con una cartellina in mano.
- Mi spiace ragazzi l’autopsia è in corso.
Lo disse con una certa soddisfazione, ebbe un sussulto di macabro piacere nel dargli la notizia. Dal volto dei due trasparì disaccordo, ma cercarono di non renderlo troppo evidente.
- Come mai ci ha convocato?
- Nessun motivo particolare, volevo sapere se il comportamento del prete negli ultimi giorni vi fosse sembrato strano. Voi siete gente di chiesa, o sbaglio?
Il biondino che aveva parlato fino ad ora si avvicinò alla scrivania con tutta la sedia.
- Io faccio parte della congregazione, e del Coro. lui no. Non ho visto nulla di strano in Don Pino. Però so che il Charlie si era avvicinato molto alla chiesa negli ultimi tempi.
- Interessante, ne sa il motivo?
- Assolutamente no!
- Lei lo conosceva bene il “Charlie” chiese Dupont guardando dritto negli occhi il ragazzo.
- Niente di più che buongiorno e buonasera.
- Strano, sembrate coetanei
- Non c’è nulla di strano, noi della congregazione interagiamo solo tra di noi e con i “meritevoli”
- Non vi ho chiesto il nome
- Io sono Pietro Simeone, lui è Attilio Pietra
Il rombo della montagna si fece sentire più forte, come se una giustizia divina stesse ad ascoltare la loro conversazione e volesse intervenire.
Il commissario guardò fuori dalla finestra mentre il suo interlocutore rimase a fissarlo.
- Commissario, credo che dobbiate indagare sul Charlie, frequentava brutte compagnie ultimamente, andava a Belluno e frequentava certi locali.
- Certi locali?
- Si, quei locali là.
Dupont aveva capito, ma mettere in imbarazzo quell’odioso biondino era quasi divertente, se non fosse che c’erano due morti e l’assassino o gli assassini erano ancora a piede libero.
- Ha capito commissario? Quei locali contro natura.
- Sì, sì ho capito, ma non trovo il nesso.
- Don Pino si era offerto di aiutarlo, sa, a guarire da certe perversioni.
- Beh, crocefiggerlo e poi togliersi la vita non mi pare un modo giusto per “guarirlo”.
- Questo non lo posso sapere io, è lei il poliziotto.
- Appunto, indagheremo anche su quello che mi ha detto, potete andare.
I due si alzarono e alla porta vennero richiamati dalil commissario
- Ah, scusi, signor Simeone si renda reperibile potrei ancora aver bisogno di lei.
- Con piacere – rispose con un sorriso il ragazzo
Ore 20
Il coroner chiamò Dupont, che era appena tornato a casa.
- Il prete non si è suicidato
- Non so perché, ma me lo aspettavo – rispose il commissario mettendosi una sigaretta in bocca – come è morto?
- Impiccato.
Il commissario fece cadere la sigaretta, ancora spenta, a terra.
- E come ha fatto a finire nel lago?
- Difficile da dire, ma potrebbero averlo impiccato ad un albero che sporgeva sull’acqua, il ramo si è spezzato ed è finito nel lago, comunque quando è entrato nel lago era già morto.
- Ma la corda non l’aveva intorno al collo quando l’abbiamo ripescato,
- Già, ma i segni intorno al collo sono troppo evidenti e poi c’è un altro particolare che fa pensare all’impiccagione. Nella tasca della tunica gli abbiamo trovato trenta monete d’argento.
- Cosa c’entra questo con l’impiccagione?
- Giuda si impiccò dopo aver tradito Gesù dietro il pagamento di 30 monete d’argento.
Dupont rimase in silenzio.
- Ah! mi scusi, mi hanno detto d’informarla che sono riusciti a tirar fuori dal campanile il sacrestano,
- Era ora!! Facevamo prima a buttare giù il muro!
- Ha comunicato che parlerà solo con lei.
- È sordomuto, che mi dovrà dire?
- Non so, mi hanno detto che lo hanno portato in centrale.
- Va bene, li raggiungo lì. Grazie.
L’uomo era ricurvo sulla sedia e appoggiava la fronte sul bordo della scrivania, dietro di lui due poliziotti lo tenevano d’occhio, aveva un maglione rosso, macchiato in più parti, il viso scarno, che accentuava il naso adunco, i pochi capelli rimasti erano compensati dalla barba incolta. I due poliziotti stavano a distanza a causa dell’odore forte che emanava, probabilmente aveva defecato nei pantaloni. Appena il commissario entrò nell’ufficio venne investito da una puzza insopportabile, sgranò gli occhi.
- Accidenti a voi! Ma lo avete portato come lo avete trovato? Fategli fare una doccia. Porca puttana queste cose non ve le devo dire io.
I due poliziotti lo presero e in quel momento il sacrestano sembrò risvegliarsi dal suo torpore.
- Caifa! – urlò delirante
- Ma non era muto?
- Secondo me è solo un po’scemo – rispose Fava che era entrato richiamato dalle urla
Dupont fece qualche passo indietro non abbastanza per non essere raggiunto da schizzi di bava che l’uomo sputava mentre cercava di comunicare qualcosa.
- Fatelo lavare e riportatelo qua. – poi rivolto a Fava - So già tutto, non è suicidio.
- Eh, già. Non sarà facile trovare il colpevole.
- Non è mai facile trovare il colpevole.
- Mi sembra di essere dentro ad un libro giallo, quelli in cui c’è scritto “Ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale”, qui si mette in mezzo un testo sacro, gli omicidi sembrano seguire la pista del Vangelo. L’uomo crocefisso era omosessuale a quanto ci è dato sapere, l’assassino vuole dirci che Gesù era omosessuale?
- Fava, secondo me stai dicendo un mucchio di cazzate.
L’uomo lasciò il fascicolo sulla scrivania delil commissario e uscì.
Ripensandoci, un uomo crocefisso, uno impiccato con 30 denari d’argento in tasca, non era certo una coincidenza, erano due omicidi con richiamo religioso, anche perché una delle due vittime era un prete, ma il commissario non comprendeva la “spettacolarità” degli omicidi, avrebbe potuto ucciderli con una pistola, sarebbe stato meno elaborato. Cominciò a pensare che l’assassino volesse dire qualcosa, non certo che Gesù era omosessuale, forse quel messaggio sul portone della chiesa era la chiave, “Ecce Homo”, un chiaro riferimento al vangelo. La montagna tuonò un'altra volta, un poliziotto entrò e disse al commissario che il sacrestano era pronto per l’interrogatorio.
- Portatelo nella stanza di là, arrivo subito.
Dupont si alzò svogliatamente dalla scrivania e si diresse nella stanza degli interrogatori.
- Bene, rieccoci qua – disse sedendosi di fronte all’uomo che ora assumeva sembianze più gradevoli.
Il sacrestano sorrise e fece intravvedere i pochi denti che gli rimanevano.
- Caifa! Caifa! Caifa! – disse, come se fosse la cosa più importante da rivelare in quel momento.
- Allora, così non possiamo andare avanti.
Dupont si guardò intorno ma non vide nessuno in grado di capire quelle parole.
- Scusi commissario. – intervenne Fava – sono quasi sicuro che Caifa sia un personaggio del Vangelo.
- E chi sarebbe?
- Faccio immediatamente una ricerca
- Bene – disse l’uomo stropicciandosi gli occhi per il sonno.
Appena si alzò venne bloccato dal sacrestano che le teneva le mani
- on te tempo, on te tempo… - cominciò a dire guardando attraverso la finestra in direzione della montagna che fece un altro boato, quasi fosse un grido di una bestia ferita.
Il commissario si liberò dalla presa e uscì fuori per vedere cosa stesse succedendo, sulla montagna dei lampi facevano presagire un temporale, ma i lampi non provenivano dalle nubi, il cielo era terso. I lampi provenivano dalla montagna.
- Commissario, abbiamo controllato tutti i filmati della telecamera del distributore. – lo interruppe dai suoi pensieri Fava.
- Quindi?
- Quindi c’è una macchina che l’altro ieri verso le 23 si è fermata in prossimità della chiesa, non si vede chi sia e se è entrato, perché la telecamera riprende solo una parte del luogo interessato, ma abbiamo scoperto che solo una persona ha quel modello qua a Salis.
- Salì in macchina, andiamo a chiedere delucidazioni – disse Dupont accennando un sorriso.
Giunsero sotto casa di Pietro Simeone, era appena fuori dal paese, una villetta mal tenuta, la luce era spenta, i due bussarono, nessuno rispose, provarono più di una volta; decisero di entrare anche se non avevano un mandato di perquisizione, Dupont diede una spallata alla porta di legno che si scardinò immediatamente.
- Accendi la torcia – disse a Fava- dopo aver provato ad accendere la luce con insuccesso.
Il salone era pieno d’immagini sacre sui muri e una statua del Sacro Cuore posta a pochi passi dall’entrata dava il benvenuto agli ospiti.
- Sembra di essere in una chiesa, commissario, qua non c’è nulla.
I due proseguirono con la pistola puntata, controllarono la cucina, attraversarono il corridoio, ai due lati c’erano due porte, Fava entrò in quella di destra, il bagno; Dupont entrò a sinistra e appena fu dentro un odore nauseabondo gli fece chiudere gli occhi. La stanza era piena di immondizia e sulle pareti delle fotografie scattate con una polaroid. Gli scatti documentavano l’amplesso tra il Charlie e il prete, ma non solo, perché in alcune s’intravvedeva un’ombra, prova tangibile che c’era una terza persona. Forse lo stesso Pietro.
- Ecco chi era Caifa! Il sommo sacerdote! Quello che ha fatto crocefiggere Gesù! – esclamò Fava.
Dupont fece un passo e inciampò in qualcosa, puntarono la torcia a terra e videro Pietro Simeone riverso a terra in un lago di sangue.
Improvvisamente dei fari fecero intuire ai due che una macchina sul retro si era messa in moto, provarono a fermarla ma chi stava alla guida schiacciò l’acceleratore e parti a tutto gas. Dupont e Fava salirono in macchina per non perderlo di vista, le strade erano molto strette e bastava un minimo errore per finire in una scarpata.
La montagna fece un altro rombo infernale.
- Accidenti, dovevamo fare più attenzione, il bastardo se ne è accorto.
- Commissario, ma chi stiamo inseguendo?
- L’assassino.
- Ma ha capito chi è?
Dupont ebbe la sensazione di aver dimenticato un particolare, qualcosa che era sempre stato davanti ai suoi occhi.
La macchina passò a tutta velocità davanti alla chiesa, superò il distributore e arrivata al bivio si diresse verso la diga.
- Maledizione, quella strada è una trappola - disse il commissario schiacciando sull’acceleratore per cercare di prenderlo prima che giungesse al lago, ma era troppo tardi.
- Accidenti!! – esclamò il commissario. – Come ho fatto a non capirlo! Caifa non è il sacerdote del Vangelo! Il Sacrestano non è scemo, cercava di dirci il nome dell’assassino!
La montagna fece un enorme ruggito.
Con la coda dell’occhio Fava vide il versante dall’altra parte del lago crollare completamente dentro l’acqua, fu un solo istante, non ebbe neanche il tempo di urlare che una gigantesca onda investì tutto, portando con sé la diga che collassando corse lungo la gola per travolgere il paese inconsapevole.
Il giorno dopo Salis non c’era più, una piana di fango aveva seppellito tutto, rimaneva in piedi solo il campanile della chiesa, il resto era solo un enorme vuoto.
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