Avete mai dubitato dei vostri pensieri? Da dove deriva la certezza che quello che pensiamo abbia una logica e un senso? È il linguaggio che fornisce la rappresentazione del mondo mettendoci in connessione con esso e rassicurandoci di non essere pazzi, per farlo utilizziamo concetti che presumiamo dati per certi. Platone definiva il mondo come proiezione delle Idee site nell’Iperuranio: forme eterne e immutabili manifeste nei fenomeni contingenti della vita terrena. La casa come Idea contiene tutte le qualità possibili e immaginabili che nella realtà tangibile può avere, tutte le case, villette, bifamiliari, palazzoni e palazzacci, sono case e nessuna è l’Idea assoluta di Casa, la quale prende forma nel mondo ma non è nel mondo: è oltre e ne possiamo scorgere soltanto delle copie. Ma una copia, non essendo l’originale, dichiara la sua differenza: è una ripetizione. A questo punto la logica del senso vacilla e chiede a noi di renderne conto, se vogliamo autenticamente pensare e non replicare il pensiero di altri. La rappresentazione del mondo è una ripetizione decodificata a seconda del linguaggio che adottiamo, ed esso differisce sia nel microcosmo, io penso diversamente da te, che nel macrocosmo: un movimento filosofico è differente da un altro, una lingua è differente da un’altra, una religione è differente da un’altra e così via. L’idea di assoluto si sgretola aprendosi all’eterno mutare, al niente è ciò che appare e niente è sempre uguale a sé stesso. Nella sua elaborazione dell’eterno ritorno nietzschiano, antitetica alle forme statiche dell’idealismo di Platone, Deleuze va oltre la dialettica degli opposti aggredendo il concetto di copia e originale prendendo come esempio l’Arte contemporanea dove la rottura e messa in discussione del rapporto subordinato tra originale e copia porta ad interrogarsi sull’essere, il suo doppio e la sua ombra. Nelle espressioni degli artisti del ‘900 a lui coevi, che hanno lasciato il sedimento a quelli odierni, le ripetizioni, i doppi, i plagi e le decuplicazioni generano un dualismo che nega ogni subordine in nome di una equivalenza e diversità che è innanzi tutto rivendicazione d’identità, d’autonomia e libertà. Riversare questa forza rivoluzionaria in ogni forma di pensiero e di linguaggio apre alla ricerca di un’autenticità dell’essere e del fare prettamente di stampo nietzschiano: tutto si trasforma e niente si distrugge.
“Presupponiamo che il pensiero
abbia una natura buona, e che il pensatore abbia una buona volontà; ci diamo
come modello il riconoscimento, vale a dire il senso comune, designiamo il
nemico da combattere: l’errore e presumiamo che il vero riguardi le soluzioni,
cioè proposizioni in grado di servire da risposta. È questa l’immagine classica
del pensiero, e finché non abbiamo portato la critica al cuore di questa
immagine, è difficile condurre il pensiero fino a problemi che debordano il
modo proposizionale, fargli affrontare i suoi veri nemici, che sono ben altri
che l’errore, e giungere a ciò che costringe a pensare, o che strappa il
pensiero al suo torpore naturale, alla sua notoria cattiva volontà”.
(Prefazione dell’Autore)
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