lunedì 31 maggio 2021

Le interviste del Collettivo Creativo Latina - Quattro chiacchiere con Vanessa Capitini

 Il web è meraviglioso, ha il potere di farti conoscere persone intraprendenti e interessanti. Girando per i vari canali di Youtube ci siamo imbattuti in quello di un artista eccezionale. 


Vanessa Capitini è nata ad Assisi ma da diciassette anni vive vicino a Bologna, ha fatto l'istituto alberghiero e ha lavorato nell'ambito della ristorazione fino a un anno fa, quando il Covid-19 ha interrotto le nostre abitudini. Lei non si è data per vinta e ha deciso di approfondire la sua passione trasformandola in un lavoro: i diorami.


I diorami sono delle ricostruzioni di paesaggi o interni. Guardando i lavori di Vanessa ci vuole poco ad immergersi in mondi fantastici come la sala da pranzo di Hogwarts, lo studio di Dylan Dog o la Bat Caverna. Tutto fatto rigorosamente a mano. La passione e la manualità per creare queste opere d'arte le ha coltivate fin da bambina, quando papà Lamberto l'aiutava e incentivava nella creazione di lavori che in quel momento le servivano per giocare. Grazie a chi ha creduto in lei e alla sua determinazione, ora Vanessa ha un lavoro che ama e che le da molte soddisfazioni. Ancora oggi usa gli attrezzi del babbo che purtroppo non c'è più ma che
vive in ogni suo gesto e nell'accuratezza con cui rende realistici i mondi che tutti noi amiamo. Tra i suoi tanti lavori risaltano i Book Nook da inserire negli scaffali delle vostre librerie e che diventano portali magici in cui perdersi.

Vanessa vive con Chiara sua anima gemella e responsabile dei social per quanto riguarda la diffusione online dei suoi lavori. Questi i canali dove potete trovare Vanessa:

Facebook-CreativeVane

Instagram-CreativeVane

Youtube-CreativeVane


Ora sediamoci virtualmente nello studio di Dylan Dog e davanti ad un bel tè portatoci da Groucho facciamo qualche domanda all'artista che ci ha accolto con il suo splendido sorriso.

- Quando è nata la tua passione?
 All'età di 6 anni,  con il cartone animato di Batman, e Le tartarughe ninja pochi mesi dopo, i miei genitori mi hanno regalato le action figures inerenti questi due cartoni

- Quale è stato il tuo primo lavoro?
Un diorama inerente le fogne delle tartarughe ninja

- Quale è il tuo lavoro di più grandi diorama?
Uno scorcio di Diagon  Alley, tratto dal film largo la bellezza di un metro e 40 cm 

- Quanto tempo impieghi per finire un lavoro  medio?
Oggi grazie ad alcuni utili utensili ho accorciato molto i tempi, ma è una domanda alla quale non si può rispondere, in quanto ogni lavoro è diverso per numero di dettagli e dimensioni, oltre al fatto che affronto tantissimi temi. Posso dire però che 12 ore al giorno circa impiego il mio tempo a creare diorami, è una cosa che amo, spesso non mi rendo conto dell'orario. 

- Quali sono, solitamente, le tue letture?
Ascolto audiolibri tramite un'app sul telefono, prediligo thriller e fantasy. Grazie al fatto che lavoro in proprio posso ascoltarli sempre mentre creo, per cui spesso mi capita di ascoltare un libro e finirlo lo stesso giorno

- C'è qualche diorama che vorresti fare ma non ne hai mai avuto occasione?
Sì, Ritorno al Futuro, ma lo sto per realizzare finalmente

- Che materiali usi per i tuoi diorami?
I soliti del modellismo, plastica, legno prevalentemente, polistirene xps (da non confondere con il
polistirolo che odio e che scoglio a tutti coloro che vorrebbero usarlo per approcciarsi a questo mondo) ferro, carta, cartone, resina e lamiere.  

- Le tue rappresentazioni si ispirano a Film o Serie. Quali sono i tuoi film e le tue serie preferite?

Amo le seguenti serie: Lost, Stranger things, The big bang theory, qualsiasi serie inerente la Marvel, Games of Thrones.
Film preferiti assolutamente Il silenzio degli innocenti, Forrest Gump, Il miglio verde, Il corvo, tutti ii film di Harry Potter, Il signore degli anelli, Ritorno al futuro, I Goonies, Batman ogni cosa ma soprattutto la trilogia di Nolan sulla quale ho creato tanti diorami, potrei continuare sicuramente con innumerevoli altri film, essendo il cinema in cima alle mie passioni.

- Hai mai rinunciato a fare un diorama? Se sì, perché?
Sì ho rinunciato ad ogni diorama inerente Star Wars, non sono all'altezza né è nelle mie corde e all'inizio ho rinunciato ad un diorama di Pulp fiction, non mi sentivo all'altezza di creare una certa scalinata.

- Chi volesse acquistare una delle tue opere o ordinartene una, come può contattarti?
Preferisco dare quasi subito il numero di telefono, dapprima comunque meglio se su Messanger

Il tè è stato delizioso, la compagnia anche. Salutiamo Vanessa con la promessa di tenerci aggiornati sui sullo sviluppo delle sue opere e pensando già a cosa farci fare da poter esporre nelle nostre case.

Book Nook a tema Harry Potter

Lo studio di Silente

Lo studio di Dylan Dog

Due Joker a confronto


sabato 29 maggio 2021

Mutevoli confini. Un appuntamento con Rosy Losito

Vernissage giovedì 10 giugno ore 19,00

Temporary Art Civico 12 – Via Romagnoli, 12 - Latina

Apertura Tutti i giorni 15,00-20,00 su prenotazione al 366.801.1517. Fino al 10 luglio 2021

Info: 366.801.1517



A cura di Laura Cianfarani e Vincenzo Scozzarella

Presentazione di Vincenzo Scozzarella

Evento in ottemperanza alle norme anti COVID-19
Obbligo di mascherina e distanziamento sociale.

La mostra “Mutevoli Confini” è un percorso che racconta una nuova tappa della produzione artistica di Rosy Losito, frutto dell’ultimo anno, in profondo dialogo con l’impatto sulle coscienze provocato dal COVID. Ospitata in un nuovo spazio interamente dipinto di bianco, di ampio respiro, composto da una sala di 120 metri quadrati e una seconda saletta, l’esposizione si snoda attraverso trenta opere fra tele, lavori su poliestere e installazioni site specific. Queste ultime costituiscono la chiave di lettura dell’intera esposizione, imperniata sul concetto di spazio. Se la pandemia da un lato ha ristretto profondamente gli spazi vitali con chiusure e limitazioni, dall’altro, trattandosi di un evento che ha coinvolto e coinvolge l’intero pianeta, ha esteso il concetto di condivisione, rendendo scorrevoli gli spazi stessi, quanto meno a livello interiore. Il titolo stesso, “Mutevoli Confini”, rivela una fluidità, un eterno passaggio tra i luoghi non solo esteriori, ma appartenenti alla  memoria e all’interiorità, dove non si ha chiusura, dove i limiti si estendono senza soluzione di continuità, dove l’artista intende sensibilizzare allo scambio di sensazioni ed emozioni.
“Tra cielo e terra, astratto e figurativo, mondo onirico e reale, trovano spazio i Mutevoli confini, preponderanti nelle dimensioni tangibili eppure docili nel denudarsi allo spettatore. E’ il sogno di un cangiantismo cromatico svelato dalla luce evanescente, un velo che si apre su un universo che è insieme concreto e illusorio, un luogo immaginario e misterioso, specchio dell’imprevedibilità delle leggi del cosmo, della natura sfuggevole delle emozioni, gestite, però, da una costante che è la profondità dello spazio e il suo carattere fluido, fatto di un liquido amniotico in cui è possibile rifugiarsi ogni qual volta se ne avverta il bisogno. In questo mondo parallelo, elogio del qui ed ora, riesce a convivere in modo armonico anche il passato, ascoltato, accolto ed elaborato sino a  coesistere con il presente. Ciò che fu, grazie al ruolo consapevole della memoria, ha trovato la sua autentica collocazione nel ricordo che s’intravede in lontananza, in un gioco di vedo/non vedo  ottenuto grazie alla luce eterea. Gli archetipi di ricerca cognitiva e sfera inconscia si ricongiungono nella creazione artistica, resa posto sicuro e salvifico dal fluido primordiale. In questo sodalizio s’inserisce anche la materia, contraltare del cromatismo onirico, attraverso colori vividi e caldi da cui prende vita la terra. Si svela, qui, la natura tattile ed emozionale della ricerca artistica, la costruzione ludica di un luogo immaginario, dove la composizione acquisisce vita in superficie e, sposandosi con la profondità spirituale del liquido portatore di vita, apre lo sguardo alla dimensione interiore dell’artista, all’introspezione che, se trattata con amorevole cura, approda alla quiete, all’armonia tra macro e microcosmo, tra l’inconscio e la ratio”.
Laura Cianfarani



martedì 25 maggio 2021

Friends e il fantastico viaggio di H.G. Wells

 


Il Viaggiatore nel Tempo (sarà opportuno chiamarlo così) era intento a illustrarci un argomento molto oscuro. Gli occhi grigi brillavano vivaci; il volto, generalmente pallido, era acceso e animato. Il fuoco brillava allegro; il tranquillo riverbero delle luci incandescenti nei gigli d’argento colpiva le bollicine che apparivano e scomparivano nei nostri bicchieri. Le poltrone, brevettate da lui, ci abbracciavano e accarezzavano, senza cedere al peso del corpo; dominava quella piacevole atmosfera postprandiale, quando il pensiero vaga amabilmente libero dalle pastoie della precisione. E mentre ce ne stavamo lì seduti, in pigra ammirazione davanti all’ardore con cui illustrava il nuovo paradosso (tale lo consideravamo) e davanti alla sua eloquenza, così lui parlò sottolineando i punti principali con l’indice magro...

Così iniziava il romanzo di H.G. Wells "La macchina del tempo", erano i primi passi che avrebbero accompagnato il lettore in un viaggio fantastico. La fantascienza della seconda metà dell'ottocento ha un nonsoché di magico un mix tra speranza e immaginazione che a leggerla oggi ci provoca un senso di tenerezza verso quegli uomini tanto ottimisti da vederci menti sopraffine più di quanto non siamo.

Ma cosa ha a che fare H.G. Wells con Monica, Chandler & Friends?
L'illusione.
Sono passati ventisette anni dall'inizio della più famosa sit-com televisiva, i protagonisti

hanno passato con la maggior parte di noi, dieci anni di vita. Li abbiamo visti crescere e senza accorgercene li abbiamo fatti entrare nelle nostre vite e li sono rimasti, anche quando diciassette anni fa, la sit-com ha chiuso i battenti e ha lasciato l'appartamento e il nostro cuore, vuoti. Chi non ha amato la serie non può capire, gli anni successivi alla fine della trasmissione avevano lasciato nei fans un bisogno assoluto di poter assaporare di nuovo l'aria newyorkese a tal punto che si provò a fare anche uno spin off (stendiamo un velo pietoso) sulle avventure di Joy Tribbiani (Matt LeBlanc). I fans però non volevano questo, avevano bisogno, come in preda ad un attacco di astinenza, delle meccaniche geniali e divertenti dei loro beniamini. Per anni si è sperato in un film. L'avvento di Netflix ha poi regalato il sollievo di cui avevamo bisogno, mettendo online tutte le stagioni e permettendoci di tornare indietro nel tempo.


Ecco cosa hanno in comune "Friends" e H.G. Wells, ci hanno regalato l'illusione di poterci muovere nel tempo a nostro piacimento. Questa è la forza di opere scritte in modo perfetto, l'immortalità. Far credere al lettore o allo spettatore che il tempo non sia mai passato, almeno finche la realtà non bussa alla porta, come sta avvenendo in questi giorni. Il 27 maggio su Fox ci sarà "Friends Reunion" uno spettacolo attesissimo dai fans un ennesimo ritorno al passato con la consapevolezza di rimanere nel presente. Saltano tutti i paradossi temporali e ci ritroviamo invecchiati di diciassette anni (ultima puntata della serie il 4 luglio 2005) in un istante. Un brusco risveglio che lascia il sapore amaro e dolce del tempo che passa. Dopo il 27 maggio saremo consapevoli che non esiste una macchina del tempo e se esiste ci riporterà sempre ad un presente che bene o male ci appartiene e ci accompagnerà fino alla fine.

martedì 18 maggio 2021

Ora, forse, sarai crisalide

 


Un altro tassello della nostra giovinezza si è sbriciolato, lasciandoci tra le dita i cari ricordi legati alle sue opere. Troppo riduttivo chiamarle  canzoni. Ci sono artisti che hanno il potere di esserci senza presenziare, Franco Battiato non era un assiduo frequentatore delle televisioni e di questo gliene saremo per sempre grati. Sapevamo però che c'era ed era una certezza confortante, un porto sicuro in cui approdare nei momenti di burrasca. Ora che una misteriosa malattia ha spazzato quel porto, siamo alla mercé dell'ignoto. Le sue parole, però, rimangono e possiamo usarle come una scialuppa, naufraghi e orfani di tanta poesia.

Franco Battiato non ha voluto dare un nome al male che lo ha strappato a questa vita, ma ognuno di noi sa benissimo di cosa si tratta ed è una delle malattie più crudeli che esistano, una malattia che annulla l'umanità dell'individuo, riducendolo ogni giorno di più a trasformarsi in una scatola vuota. Si riconosce dallo sguardo di chi ne soffre e fa male, ti devasta l'anima anche se fai di tutto per non darlo a vedere, soprattutto al malato. Si cerca di esorcizzare, banalizzare il male cercando di ironizzare, ma lui infido continua la sua strada e lentamente spazza via tutto, lasciando solo un profondo senso d'impotenza. Comprendo la riservatezza dei parenti che hanno, prima di tutto, voluto salvaguardare la dignità dell'uomo.

Vorrei per un attimo assecondare il suo pensiero e credere che in questo momento sia sotto un altra forma, rinato dalla sua stessa morte: gabbiano, delfino, palma, lupo, crisalide o ulivo. Con questo pensiero riesco a trovare la serenità d'animo di cui ho bisogno e che mi permette di poter continuare ad ascoltarlo senza chiedermi nulla. Inutile farsi le domande esistenziali che vengo a galla in questi momenti. Siamo Uomini, e le due cose più naturali che facciamo non possiamo preventivarle: la nascita e la morte. Quando veniamo al mondo  saliamo su una giostra che non si fermerà mai, anche quando noi, in un modo o nell'altro, verremo buttati fuori; la giostra continuerà a girare come se nulla fosse.

Vorrei augurargli buon viaggio, ma non avrebbe senso, il viaggio lo stiamo facendo noi portandoci dietro tutto quello che ci ha lasciato. Quindi buon viaggio a voi, buon viaggio a me che vorrei superare le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare.


…ma in fondo al nostro cuore sappiamo benissimo che non invecchierà mai.


Luca Albanese




sabato 15 maggio 2021

Le Interviste del Collettivo Creativo Latina - Dialogo con Paolo Pasquini sull’undicesima edizione del Festival Dantesco.

Il Collettivo Creativo Latina vi propone un’intervista a Paolo Pasquini fondatore dell’Associazione Culturale Xenia, ideatrice e produttrice del Festival Dantesco di cui si è da poco conclusa l’undicesima edizione.  Continuiamo a parlare del Sommo Poeta in occasione dei suoi settecento anni tra letture e reinterpretazioni dei versi della sua magnum opus: la Divina Commedia.

Come è nato il Festival Dantesco?
È nato per promuovere l'incontro tra arti performative e opera dantesca, sia presso i giovani, sia a livello professionale. Dal 2010 a oggi, lungo 11 edizioni nazionali e 3 edizioni regionali toscane, il concorso performativo rivolto a giovani interpreti della Commedia, nucleo originale del Festival, è stato via via affiancato in maniera sempre più consistente da incontri, interviste, conferenze, presentazioni di libri, anteprime, curiosità. Oggi comincia davvero ad assumere le forme di una festa multidisciplinare all'interno della quale il Concorso è il gioco e il pretesto centrale.
Proprio in questi giorni si è svolto il concorso per giovani interpreti della Divina Commedia. Ti va di parlarcene?
Fino al 2019 il Concorso è stato squisitamente teatrale. Con la pandemia abbiamo realizzato nell'ottobre del 2020 e pochi giorni fa, ai primi di maggio del 2021, due edizioni in versione streaming video. Un'eccezione per noi, vista la precedente stagioni di edizioni teatrali. Un'eccezione però che rimarrà presente anche nelle prossime edizioni. Troppo potente il mondo social, la diffusione in streaming, la risonanza e i contatti che le due recenti edizioni video on-line hanno mostrato di saper sviluppare. Migliaia di visualizzazioni e feedback, oltre cinquanta video dall'Italia, un video da Madrid, altri contatti all'estero... Grazie all'emergenza, paradossalmente, il Festival ha fatto molto passi in avanti.
Leggere e reinterpretare versi scelti del Sommo Poeta: cosa significa oggi soprattutto per i più giovani a cui vi rivolgete?
Significa esprimersi attraverso le arti performative attorno a un linguaggio e a un mondo immaginario ed emotivo che in realtà per i giovani è estremamente vicino e familiare. La straordinaria macchina di effetti speciali ed emozioni estreme che la Commedia rappresenta si unisce al grande desiderio e al grande bisogno dei giovani di esprimersi a tutto tondo, usando il linguaggio del corpo, delle immagini, della musica, del disegno, dell'animazione, delle luci e dell'editing audiovideo, oggi peraltro a portata di mano: tutto questo crea uno scenario di opportunità espressive di cui i giovani sembra abbiano estrema necessità. 
Dopo dieci anni di attività del Festival quali consapevolezze avete maturato e quali le difficoltà incontrate?
La consapevolezza che c'è fame di espressione. E di espressione in particolare del corpo, che reclama i propri diritti in una stagione storica in cui c'è grande pressione e saturazione mentale-visuale-intellettiva. Quanto alle difficoltà mi sento di dare una risposta che spero non sembri presuntuosa: il cammino del Festival in questi 11 anni è stato fondamentalmente in discesa e in crescita, anche al di là delle nostre migliori aspettative. E in quest'anno, con la celebrazione del grande Centenario legato al 700mo anniversario ddlla morte di Dante, in realtà tutto ci è stato reso ancora più facile, in particolare dal Ministero della Cultura - che ha patrocinato e finanziato il Festival attraverso il Comitato Nazionale Dante 2021, istituito dal Ministro Dario Franceschini - e dal sostegno che sempre dal MIC è giunto alla nostra associazione Xenia. Abbiamo cioè incontrato molte porte aperte, tanto entusiasmo e voglia di partecipare al nostro percorso.
Progetti per il futuro?
In estate il nostro spettacolo Versus Dante, già presentato più volte presso Istituti Italiani di Cultura all'estero, di imminente ripresa a partire da luglio 2021. Continua poi il viaggio di - Giovanni Alighieri, del fu Dante_, il nostro prodotto di punta per l'anno pantesco: video/spettacolo con Massimo Popolizio protagonista e il finanziamento del Ministero degli Affari Esteri, che lo ha scelto tra le 20 opere italiane rappresentative dello spettacolo dal vivo attuale, con l'inserimento dell'opera nel portale ITALIANA, vetrina della nostra cultura per l'estero. E poi le prossime edizioni del Festival: il 27 ottobre la nostra prima edizione universitaria, a Roma, al Teatro Palladium, in collaborazione con l'Università degli Studi Roma Tre e in abbinamento a un convegno dantesco internazionale promosso dalle cinque università del Lazio. E ancora a novembre la quarta edizione del Festival Dantesco Toscano, ospitato quest'anno dal Comune di Castelfiorentino.

Intervista di Sara Taffoni

lunedì 10 maggio 2021

Il libro inchiesta più misterioso dell'editoria italiana

 Nel 1975 (data plausibile ma non certa) uscì un libro pubblicato da una fantomatica casa editrice denominata EGR. Il volume, scritto da Fabrizio De Masi (pseudonimo) s'intitola "L'uragano Cefis". Una sorta di biografia non ufficiale di uno degli uomini più influenti dell'economia italiana negli anni 60-70. Di lui non esistono ne interviste ne apparizioni in pubblico. Un libro inchiesta che getta sul personaggio un'ombra inquietante dipingendolo come un burattinaio che ha mosso i fili dell'economia e della politica italiana durante gli anni di piombo. Su di lui ha indagato anche Pier Paolo Pasolini a detta di molti  ucciso a causa del libro che stava scrivendo e che non è mai riuscito a terminare: Petrolio.

Ma chi era Eugenio Cefis?

Fu consigliere dell'AGIP, presidente dell'ENI dal 1967 al 1971, succeduto a Enrico Mattei, e presidente della Montedison dal 1971 al 1977. Nel 1963 venne insignito dell'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce, massimo riconoscimento della Repubblica Italiana. Il Governatore della Banca d'Italia Guido Carli lo definì esponente della cosiddetta borghesia di Stato; per i giornalisti Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani (che scrissero un libro su di lui) era una personalità della razza padrona dell'epoca.

Per il suo ruolo nella P2 e i forti sospetti avanzati da Mauro de Mauro e Pier Paolo Pasolini su un suo coinvolgimento nell'attentato a Enrico Mattei, è una delle figure più controverse del mondo imprenditoriale italiano.

Pier Paolo Pasolini si interessò al ruolo di Cefis dopo aver letto il discorso che tenne all'Accademia Militare di Modena il 23 febbraio 1972 sulla rivista di psicoanalitica L'erba voglio di Elvio Fachinelli intitolato La mia patria si chiama multinazionale: Cefis descriveva l'imminente nascita della finanza multinazionale e il tramonto delle economie nazionali (questo sarà il contesto del romanzo Petrolio); in più chiedeva una riforma costituzionale verso un presidenzialismo autoritario, cosa che avrebbe escluso per sempre il PCI dalla partecipazione al governo del Paese. Quel discorso lasciava intravedere la possibilità di colpo di Stato, un «tintinnio di sciabole». Fu lo stesso Fachinelli a donare a Pasolini nel settembre del 1974 la copia della rivista con il discorso di Cefis, insieme a un'altra fonte: il libro Questo è Cefis, l'altra faccia dell'onorato presidente pubblicato nel 1972 dall'AMI (Agenzia Milano Informazioni) scritto da Giorgio Steimetz (pseudonimo dello stesso proprietario dell'AMI Corrado Ragozzino). Pasolini aveva intenzione di inserire integralmente il discorso tenuto da Cefis tra le due parti del romanzo Petrolio.

Proprio in Petrolio Pasolini descrive in modo estremamente dettagliato il passaggio dell'ENI-Montedison da impresa nazionale a multinazionale; esplicitamente nel romanzo richiama l'attenzione del lettore su questo processo di trasformazione all'interno della struttura di potere dell'ENI e sul ruolo chiave giocato dal protagonista Aldo Troya-Eugenio Cefis[:

«Ora, se l'ENI era un'azienda, era anche un 'topos' del potere [...]. C'era stato in quegli anni


[...] un oscuro spostarsi di pedine in un settore importante per un organismo di potere, statale e insieme non statale com'era l'ENI: il settore della stampa [...]. Su questo punto vorrei richiamare l'attenzione del lettore: infatti Aldo Troja, vicepresidente dell'ENI, è destinato a diventare uno dei personaggi chiave della nostra storia.»

(Pier Paolo Pasolini, Petrolio, appunto 20, p.90)

Petrolio è il romanzo-inchiesta (uscito postumo nel 1992) al quale stava lavorando poco prima della morte. Pasolini ipotizzò, basandosi su varie fonti, che Cefis alias Troya (l'alias romanzesco di Petrolio) avesse avuto un qualche ruolo nello stragismo italiano legato al petrolio e alle trame internazionali.

[da wikipedia]

Ma torniamo al libro fantasma. L'unica copia superstite sembra sia in possesso di Marcello Dell'Utri e conservato nella sua biblioteca milanese di via Senato. La casa editrice sembra fittizia, il libro è consultabile su richiestae risulta in buono stato. Il libro presenta date, cifre e nomi, un lavoro certosino e completo sul misterioso personaggio. Dell'Utri inoltre era venuto in possesso di un capitolo fantasma del libro di Pasolini, durante un intervista dichiarò:

«Una mattina, era il 2010, stavo per inaugurare un evento alla Biblioteca di via Senato. Io ero nel cortile del palazzo. Dentro c'erano i giornalisti e gli invitati, quando una persona mi saluta e mi dice che ha una cosa per me. Le carte originali di un capitolo mancante di Petrolio, Lampi su Eni. Mi mostra un fascicolo, lo sfoglia e io, più che vedere, intravedo dei fogli e la carta carbone... Gli dico che in quel momento non posso fermarmi con lui, di richiamarmi il giorno dopo, che sono curioso e la cosa mi interessa. Poi commetto l'ingenuità, subito dopo, di parlare di quei fogli in conferenza stampa, e di dire che li avrei esposti alla Mostra del Libro antico che ci sarebbe stata di lì a poco... A quel punto esplode il caso sui giornali e quella persona, spaventata, scompare... Oggi non saprei neppure dire se le carte erano vere o false». [da un articolo de "Il Giornale" firmato Luigi Mascheroni]


Il libro, comunque, sembra essere stato scritto a scopo ricattatorio, quindi va preso con le pinze. Tra le tante accuse a Cefis c'è anche quella di essere stato il mandante o uno dei mandanti dell'omicidio Mattei.

Insomma, l'ennesimo mistero italiano su cui probabilmente non si farà mai chiarezza. Rimane un libro, un libro misterioso che racconta (forse) una verità scomoda e difficile da digerire, un viaggio nei sobborghi di un'Italia da dimenticare.

martedì 4 maggio 2021

Star Wars - il romanzo

 


Quando nel 1975 George Lucas aveva pronta la sceneggiatura del suo nuovo film di fantascienza "Star Wars" pensò bene di prendere un ghost writer, Alan dean Foster, e scrivere un romanzo. Siccome il libro si rifaceva alla versione originale della sceneggiatura, alcuni episodi che leggiamo non sono presenti nel film.

Ecco le differenze tra libro e film (fonte Wikipedia)

  • Nella prima edizione, la famosa frase d'apertura che apre ogni film di Star Wars, "A long time ago in a galaxy far, far away..." ("Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana...") non è presente nel romanzo.
  • Le maggiori differenze si situano nel prologo del romanzo, che si dilunga nello spiegare la storia precedente agli eventi narrati nel film. Presentato sotto forma di un estratto dal Journal of the Whills (Diario dei Whills), il prologo contiene il primo riferimento in assoluto al vero nome dell'Imperatore, Palpatine. La sezione racconta come l'ambizioso senatore Palpatine riuscì a prendere il potere facendosi eleggere Presidente della Repubblica per poi autoproclamarsi in seguito Imperatore. In questa prima descrizione, comunque, il personaggio di Palpatine appare maggiormente come una vittima delle macchinazioni dei burocrati dell'Impero piuttosto che come il "burattinaio" dietro il complotto. Ciò si deve al fatto che George Lucas all'epoca non aveva ancora sviluppato compiutamente il personaggio di Palpatine, lasciando carta bianca a Alan Dean Foster di descrivere l'Imperatore dal suo punto di vista. La concezione di Lucas del personaggio continuò ad evolvere nel tempo, fino a quando decise che Palpatine era il maestro di Dart Fener e divenne la vera personificazione del male in L'impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi.
  • Molte altre parti del romanzo deviano dalla trama principale del film, includendo scene girate ma mai montate nella versione finale della pellicola. Tra queste citiamo la celebre scena dove Luke Skywalker e i suoi amici si ritrovano alla Tosche Station di Tatooine. È inoltre presente la scena del confronto tra Ian Solo e Jabba the Hutt che poi Lucas volle inserire nella Special Edition del film nel 1997; tuttavia, nel romanzo Jabba è descritto come "un grande e grasso bipede con un cranio peloso segnato dalle cicatrici", molto diverso da come apparirà in seguito ne Il ritorno dello Jedi.
  • Ad un certo punto, Ian Solo menziona un suo amico Corelliano di nome Toccnepil (Lippincot al contrario). Trattasi di scherzoso riferimento a Charles Lippincott, al tempo a capo della divisione marketing di Guerre stellari.
  • Altri vari dettagli minori presenti nel romanzo rispetto al film sono i nomi in codice utilizzati dai ribelli durante l'assalto alla Morte Nera, il termine ufficiale con il quale ci si rivolge ai robot è "meccanici" mentre viene lasciato intendere che "droidi" è solo un termine in slangObi-Wan Kenobi fuma la pipa, e nella scena dove difende Luke dagli alieni nel bar-cantina di Mos Eisley, affronta tre creature e non due, e ne taglia uno a metà con la spada laser prima di mozzare il braccio al terzo. Chewbecca viene descritto con brillanti occhi gialli. L'Ammiraglio Motti, l'uomo strangolato da Dart Fener nella sala riunioni della Morte Nera, non è presente nel libro, sostituito invece da un personaggio di nome Romodi, con molte cicatrici in volto. Il numero di riferimento del soldato Stormtrooper a guardia del Millennium Falcon è THX-1138 (riferimento all'omonimo film di Lucas), e non TK-421 come nel film. Il Grand Moff Tarkin è presente mentre la Principessa Leila viene torturata. La distruzione di Alderaan non è descritta nel romanzo.
  • Anche la morte di Obi-Wan Kenobi è diversa, poiché è Dart Fener che lo sconfigge in duello e non è lui stesso che si lascia uccidere, per fornire un diversivo a Luke e agli altri per fuggire dalla Morte Nera. Inoltre nel libro ci si riferisce a Dart Fener con il titolo di Signore dei Sith, appellativo presente in vario merchandising dell'epoca, ma mai propriamente nominato nella trilogia originale. Infatti, il termine Signore dei Sith venne menzionato per la prima volta solo nel 1999 in La minaccia fantasma.
  • In Guerre stellari, durante la battaglia finale, il caccia X-Wing di Wedge viene danneggiato da Dart Fener, costringendolo ad uscire dalla mischia, e quindi Biggs viene ucciso da Fener e dalla sua squadriglia. Nel romanzo invece, Biggs resta ucciso in battaglia, e solo dopo Wedge è costretto a ripiegare, a causa di un malfunzionamento del suo caccia.
  • Alla fine del romanzo, oltre a Ian e Luke, Leila consegna una medaglia anche a Chewbecca, anche se deve mettersi in punta di piedi per mettergliela al collo.

domenica 2 maggio 2021

I nostri incipit puntata 01 - Biscotti allo zenzero di Rebecca Caggiari...

Un nuovo format del nostro podcast! I nostri incipit.

Paola Turci vola così...e ci stupisce

Prima nazionale al Teatro Moderno di Latina dello spettacolo teatrale "Mi amerò lo stesso" dove la cantautrice Paola Turci si racc...